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martedì 19 novembre 2013

La follia sono io che non mi accetto mai.
La follia sono io che non riesco a scriverle.
La follia sono io che ho un'immensa voglia di amare ed essere amato.
La follia sono io che resto qui in attesa di un miracolo che non arriverà mai.
QUesta volta io ho bisogno di essere amato. Perchè ad amare ho già amato tanto, forse troppo, ho amato con tutto me stesso, ho amato fino a consumarmi. Ma nessuno ha mai amato me, nessuno ha trovato gioia nei miei occhi, nessuno ha trovato brividi in un mio bacio.
Ora ho bisogno di essere amato.
Questa sera sono ancora a casa e i pensieri si divincolano nella mia testa per attirare l'attenzione, le emozioni palpitano nel cuore per essere almeno una volta liberate.
Quella che si sente di più, quella più insistente, quella che ha iniziato a viaggiare anche nel sangue per raggiungere ogni mia singola cellula è l'Amore.
Sono drogato d'Amore in questo ultimo periodo.
Ho voglia d'Amore.
Ascolto canzoni che mi fanno battere ancora più forte questo organo sopravvalutato che è il cuore.
Sì, secondo me noi lo sopravvalutiamo il cuore, facciamo riferimento a lui come sede centrale delle emozioni, dei sentimenti, ma non è così, le emozioni, i sentimenti, le sensazioni sono in tutto il corpo: ci fanno sudare, ci fanno camminare avanti e indietro senza fermarci, ci fanno piangere senza un motivo, ci fanno venire i brividi dietro la schiena.
Ho voglia d'Amore, dannazione! Ho voglia di amare con tutto me stesso. Ho voglia che lei ricambi questo Amore nascosto.
Un biglietto di sola andata…

Per dove?

Non lo so per dove, potrei decidere come meta una grande metropoli, o un villaggio sperduto in Africa, oppure ancora il paese in cui sono nato.

Ma probabilmente non è quel che voglio ora.

Sembro troppo sdolcinato se dico che in questo momento sceglierei un viaggio di sola andata per il suo cuore?
Devo scrivere assolutamente qualcosa, ne sento il bisogno, mi sento pieno di parole non dette, mi sembra come se stiano tentando di uscire, esplodono per non restare ancora dentro e implodere.
Ne sento il bisogno, perché questo è uno di quei sabati pomeriggi grigi, con qualche breve ma violento acquazzone alternato a momenti di leggera e rilassante pioggia.
Ne sento il bisogno perché questa settimana è stata davvero pesante, quasi impossibile, ma anche con qualche piccola soddisfazione.
Ne sento il bisogno perché è una di quelle poche cose in cui almeno un po’ me la cavo, ché di grandi doti anche in altre attività non ne ho molte.
Ho voglia di scrivere, di lasciare impresso il tratto di una matita o l’inchiostro di una penna su di un foglio per ricordare a me stesso che sono vivo, che ho ancora qualcosa da scrivere, qualcosa da ricordare, qualcosa da far sapere agli altri.
Ma oggi non ce la faccio, non capisco il perché, ne ho voglia ma non ci riesco, sono quasi bloccato, e questo mi fa paura.
Non voglio riavere un altro periodo di blocco, ché poi non capisco il loro arrivo se neanche sono uno scrittore, dovrebbero venire a loro queste difficoltà, non a me.
Voglio scrivere, ma non posso, che comunque non sempre volere è potere.
Ma prometto a me stesso che non mi farò catturare dal blocco anche stavolta, devo reagire, voglio scrivere e quindi ce la farò a scrivere.
Non posso permettermi di lasciare andare dei giorni così, senza lasciare un segno della mia presenza, senza ricordare a me stesso che in questi giorni ho vissuto anche io.
C'è odore di rivoluzione nell'aria, lo sento.
Dico sempre così ma poi alla fine non è mai vero, la rivoluzione è un cambiamento rapido, drestico e irreversibile, invece la mia rivoluzione va avanti da troppo tempo, o anzi non va proprio avanti, è ferma lì sul punto di partenza.
Sono pieno di idee per questo cambiamento, eppure non lo inizio mai, non mi decido ad abbandonare ciò che sono da troppo tempo per diventare quel che voglio essere.
Io i buoni propositi ce li metto ogni giorno, condisco il tutto con abbondante forza di volontà, ma alla fine il piatto è sempre vuoto.
Non cambia niente, non mi smuovo di un passo, resto identico a quella persona che sono sempre.
Ma perchè?
Si può realmente riuscire a cambiare se lo si desidera davvero?
Molte persone che conosco hanno deciso di cambiare e ce l'hanno fatta, ma perchè allora io non ci riesco?
Sarò forse troppo tradizionalista? Troppo timoroso di un qualcosa di incerto che alla fine accetto passivamente di continuare a vivere una vita che non mi si addice ma comunque calma e sicura?
Voglio cambiare, voglio riuscire ad ottenere ciò che voglio da me stesso, e ce la posso anche fare.
Devo solo trovare la forza di fare il primo passo, ma si sa, alzarsi da una comoda panchina dopo che si è stati seduti a lungo, è sempre un po' faticoso.
Ad un certo punto della tua vita ogni certezza che avrai si sgretolerà, tutto andrà perso e tu dovrai ricominciare tutto da zero, da solo, con l'unico aiuto della sola persona di cui non vorresti l'aiuto, cioè di te stesso.
Come un castello fatto da qualche bambino sulla riva del mare che verrà distrutto dalla prima onda più forte che ne lascerà solo un disordinato cumulo, così accadrà nella tua vita, tutto ciò che credevi certo resterà accumulato in un angolo senza avere più una funzione ma solo come un grande peso interiore.
E dovrai riniziare, perchè è questo che bisogna fare quando crolla tutto, quando crolli tu, tu devi rimettere apposto ogni mattone e ricostruire quel muro di protezione scomparso tra la polvere ed un sordo rumore.
Arriverà il momento in cui ciò che hai non ti basterà più, sentirai il bisogno di qualcosa di più grande, capirai che l'amicizia è un sentimento troppo piccolo per essere al centro della vita. E allora avrai imparato che tutto ruota intorno all'Amore. La vita vive d'Amore.
Il problema più grande è che lei mi completava. Ma ora lei non è qui con me. Ed io sono vuoto. Sembro un sacco svuotato, un lenzuolo appeso ad asciugare. Quando mi muovo si vede solo il leggero involucro di un’anima svuotata, esaurita, logorata, che ha dato troppo dimenticando di tenere qualcosa per sé.
E' la peggior solitudine che si possa provare quella di avere accanto una persona ma non sentirla presente. E' qualcosa di disarmante, logorante, tremendamente doloroso. Io ho provato molte volte questa sensazione, e credo che non bisognerebbe augurarla a nessuno, è terribile, perchè se sei vicino a quella persona vuol dire che le vuoi bene, ma sentirla così lontana pur avendola a pochi centimetri è peggio di averla a chilometri di distanza.
Sono drogato d'amore, mi sembra di essere su una stella, di vivere un sogno. Prima non pensavo che l'amore avesse davvero questi effetti, credevo fossero solo idiozie inventate da qualche innamorato. Ma ora invece, ora che queste sensazioni le provo sulla mia pelle, dentro al petto, ora che sento una pienezza, ora che il cuore mi scalpita veloce come un cavallo indomato, ora che i sorrisi tornano veri a spuntare sulle labbra come non succedeva da troppo tempo ormai. L'amore è magia...

martedì 22 ottobre 2013

Ora mi rendo conto che probabilmente l'errore è il mio, sono io che sono sbagliato.
In fin dei conti non sono neanche come vorrei essere veramente, anzi sono l'esatto contrario.
Io non volevo essere così, non voglio essere così.
Eppure lo sono, e senza speranza di cambiamento, chè il cambiamento quasi mi spaventa.
Il problema è la mia mente, mi crea dei divieti che io non riesco a infrangere anche se vorrei.
Io mi programmo sempre il futuro anche se poi non si avvera mai nulla perchè forse sono troppo deluso da questo presente che non mi soddisfa.
Ma anche questo è sbagliato, perchè giorno dopo giorno so che non sto vivendo, mi sto perdendo gli anni migliori, quelli dell'adolescenza.
Ma non riesco a cambiare; vorrei ma non ce la faccio
Mi sento incatenato, sono catene che non si vedono e non si possono toccare, ma ciò non vuol dire che siano facili da distruggere.
Non so come devo fare.
Voglio cambiare, non voglio vivere come una persona diversa da quella che vorrei essere.
Cosa c'è di sbagliato in me? Perchè non riesco a liberarmi? Perchè urlo in cerca di qualcuno che possa aiutarmi ma dalle mie labbra non esce alcun suono, solo il freddo sibilo d'un respiro?
Come potrei io sperare di essere amato da qualcuno se prima di tutto io non amo me stesso?
Avrei proprio bisogno di un abbraccio, non uno qualsiasi che sia esso reale o virtuale, avrei bisogno di quell'abbraccio, del suo abbraccio.
Avrei bisogno di poter sentire ancora il suo cuore battere per far riprendere il giosto tempo al mio che ormai pulsa nella confusione.
Avrei bisogno di quelle braccia intorno alle mie spalle perchè sono quelle di cui ho bisogno.
Avrei bisogno di sentire quei suoi capelli sul mio viso, morbidi e profumati, color del sole.
Non mi servirebbero tante parole, solo un suo abbraccio, chè un abbraccio racchiude intere confessioni.
Ma come posso fare ad avere ancora un suo abbraccio dopo averla accoltellata con la lama delle parole in un attimo di egoismo, pensando al mio dolore, senza preoccuparmi di quello che avrei causato a lei?
Come posso riavere un suo saluto con il sorriso e non con un tono malinconico come quello di oggi che mi ha fatto quasi piangere?

Avrei solo bisogno di un suo abbraccio, ma probabilmente per lei non è la stessa cosa.
Dicono di non pensarci, di non rimuginarci su perchè altrimenti perdi la cognizione della realtà, chè altrimenti continui a vivere lo stesso momento senza accorgerti che intanto sono passati interi giorni.
Ma come si fa a non pensarci? Come si fa a non pensare a qualcosa o a qualcuno se ci sono miriadi di cose che ti ricordano quella persona, che ti creano un turbinio di emozioni che ti trasporta in alto, sempre più in alto, per poi scaraventarti con violenza in faccia alla realtà?
Io resto dell'idea che non si può evitare di pensare a qualcuno, se il tuo cuore batte proprio grazie a quel qualcuno.

sabato 14 settembre 2013

Ci sono giorni in cui vorrei fuggire dalla spiaggia dove sono arenati tutti i miei sogni infranti e le mie false speranze e volare libero nel cielo come un gabbiano, senza alcun pensiero se non di poter sorvolare un’infinita distesa di mare in qualunque momento, dalle prime luci dell’alba fino a quando il litorale inizia ad essere illuminato dall’ arancione dei lampioni distribuiti a distanza precisa, troppo lontani perché si possano toccare, ma abbastanza vicini perché i loro colori si possano abbracciare e fondere insieme.
Voglio volare sulle montagne che d’estate bruciano svegliando la notte, passare tra i rami più alti con le foglioline ancora tenere e sentirne il profumo.
Vorrei volare sopra al molo delle mie insicurezze a metà tra la spiaggia della mia monotona vita e il mare dai confini sbiaditi in cui potrei affogare.
Invece ritorno sempre a passeggiare tra quei granelli di sabbia che in fin dei conti raccolgono un po’ di me, forse la parte che più odio, ma sono lo specchio della mia anima.
Ma sono sicuro che un giorno imparerò a volare anche tra le nuvole più alte tra le stelle e da lì potrò ammirare il mio riflesso nel mare che riuscirà a cantarmi una dolce ninna nanna.


Naufrago in quel maledetto mare di pensieri. https://www.facebook.com/pages/Naufrago-in-quel-maledetto-mare-di-pensieri/345044962268973

venerdì 13 settembre 2013

Le infinite facce dell'Amore

AMORE: m. Moto affettuoso e benevolo, inclinazione dell’anima verso persona o cosa.

Da sempre l’uomo ha cercato di descrivere l’Amore, ha cercato di spiegarlo, ha cercato di capirlo, ma ci è mai riuscito?
Alcune persone sostengono che la parola Amore derivi dal latino “a-mors”, senza morte. E’ una teoria quasi totalmente ignorata, ma se fosse vero?
In fondo l’Amore è davvero qualcosa che va oltre la morte, è il più marcato segno della vita, è qualcosa che può superare il tempo, gli ostacoli, le intemperie. L’Amore è qualcosa che può anche non morire mai.

L’Amore, il più della gente, lo definisce come un sentimento o un’emozione, ma è un diminutivo. Come può una cosa così immensa come l’Amore essere comparata con un semplice sentimento o emozione?

L’Amore è una malattia quando ti divora dentro, quando ti fa versare lacrime silenziose che rimarranno sempre imprigionate nella fodera di un cuscino, quando riesce a toglierti la memoria portandoti alla mente una sola immagine, quella del tuo amore.
L’Amore è un assassino quando ti accoltella a sangue freddo con un tradimento, quando ti lascia sciogliere nell’acido per l’invidia, quando ti colpisce con una pallottola esattamente nel cuore per un addio.
L’Amore è un soffio di vento, ti travolge portandoti la dolce fragranza di un cornetto ancora caldo o ti scaraventa a terra colpendoti con lame taglienti.
L’Amore è un letto, scrigno delle ardenti passioni o inutile mobilia su cui dormire.
L’Amore è una cura quando rende i giorni migliori, quando è l’unica cosa che ti tiene attaccato alla vita, quando riesce a sanarti anche le ferite più profonde.
L’Amore è come il mare, può scontrarsi contro innumerevoli scogli e continuare ugualmente sempre con nuovo vigore il suo cammino fino a raggiungere la riva o può essere piatto e monotono come quando il cielo cessa di respirare.
L’Amore è un paesaggio, una primavera quando sta sbocciando come i primi fiori di ciliegio a marzo, un’estate quando arde come la sabbia di mezzogiorno, un autunno quando inizia a perdere le sue forze lasciando cadere ogni giorno qualche nuova foglia, un inverno quando un gelo perenne avvolge il cuore che inesorabile inizia a sussultare.
L’Amore è come un sogno, ti può lasciare nella mente un dolce ricordo che continua a vivere anche da svegli o ti può lasciare il gusto amaro di un incubo che vuoi cancellare.

L’Amore è qualcosa che non può essere definito, l’Amore può solo essere vissuto sulla propria pelle, l’Amore può solo essere assaporato con le proprie labbra.

L’Amore è l’Amore…

Naufrago in quel maledetto mare di pensieri. https://www.facebook.com/pages/Naufrago-in-quel-maledetto-mare-di-pensieri/345044962268973

Occhi da bambina, labbra da donna



OCCHI DA BAMBINA, LABBRA DA DONNA
Osservando
I tuoi occhi da bambina
Posso ancora godere
Del loro brillio
Di reduci emozioni
Che ancora donano sapore
Alle tue fini labbra scarlatte
Come d’un sogno tanto atteso
E finalmente avveratosi
In un amore
Che profuma di fresca rugiada.

          Carlo Bisecco

martedì 10 settembre 2013

Perchè noi domani



PERCHE’ NOI DOMANI

Fermate le guerre
per noi uomini di domani;
distruggere le armi, l’odio, il razzismo
per noi sognatori di pace;
insegnateci che l’amore
è l’unico modo per vincere la violenza;
imparate da noi
ad accettare chiunque per come è;
non vergognatevi degli errori
che sono passi da fare sulla strada della vita.

Abolite tutto il male
che ha invaso ogni cuore
e lasciateci in eredità
un mondo di cui essere fieri
perché noi domani
sapremo apprezzarlo più di oggi;
perché noi domani
sapremo apprezzare anche i difetti degli altri;
perché noi domani
sapremo amare la vita come non mai.

--Carlo Bisecco

lunedì 9 settembre 2013

Fiore di un amore sbocciato su un social network

Può un sentimento nato ingenuamente su un social network come tanti altri diventare qualcosa di serio, di reale?
Fino a qualche tempo fa probabilmente se qualcuno mi avesse rivolto questa domanda io avrei risposto di no, meglio cercarsela personalmente la persona con cui condividere parte della nostra vita, che sia un giorno, una settimana, un mese, un anno o per sempre.
Ma ora non più, se qualcuno mi rivolgesse quella domanda, sicuramente risponderei con un bel , perché ho scoperto che anche grazie a Facebook può sbocciare un amore, e a me credo che stia capitando.

Forse mi sto innamorando, non è una cosa strana questa, ma per me è strano il fatto che stia avvenendo tutto su un social network con una ragazza che ho visto solo qualche volta di persona nei corridoi di scuola.
Fin qui può ancora sembrare qualcosa che accade tutti igiorni, ma la novità per me è che riesco ad ammetterlo a me stesso e ad alcune persone che mi sono vicine, ma soprattutto ora attraverso queste parole lo sto rivelando anche a voi, che ormai siete diventati il mio piccolo mondo.


Come può nascere un sentimento come l’amore su uno stupido computer?
Eppure è possibile, inizi a sentire una persona, iniziate a parlare o meglio a chattare, vi scoprite un po’ alla volta fino a rendervi conto di avere molto in comune.

A me sta succedendo questo, scoprendo la nostra somiglianza mi innamoro di lei ogni volta di più e attendo con impazienza che si connetta o che risponda ad un messaggio.
Non so se una storia con lei sarà possibile, probabilmente non ci sarà mai niente, ci sono molti ostacoli e poi sono sicuro che lei pensa a qualcun altro, non certo a me.
Ma io non mi arrenderò, non questa volta, mi sono arreso già troppe volte in passato strozzando le parole dell’amore nella mia gola ancor prima che potessero vedere la luce, ma non lo voglio più, voglio finalmente vivere il sogno dell’amore e poter assaporare il suo dolce profumo di rose.


Naufrago in quel maledetto mare di pensieri. https://www.facebook.com/pages/Naufrago-in-quel-maledetto-mare-di-pensieri/345044962268973

Un altro lato di noi che non conosciamo.

Al giorno d’oggi, tutti, me compreso, crediamo di conoscere le persone che ci sono accanto fin nel loro più arcano abisso. Ma ne siamo sicuri? Prima di tutto, ci conosciamo noi stessi?
La risposta è NO. Non ci conosciamo mai abbastanza, vuoi perché continuiamo a cambiare, vuoi perché non ci soffermiamo mai ad osservare lo specchio della nostra anima.
Io non mi conosco, e questo è tutto ciò che so con sicurezza di me stesso.
Non so neanche come potrei definirmi, forse potrei dire di essere un ragazzo un po’ strano. Sì, strano è l’aggettivo giusto per descrivere una persona così confusa come me.
Quando mi guardo allo specchio, nello stesso momento, mi sento sia un bambino dal cuore forte, sia un adulto dall’anima fragile.
Sì avete capito bene, non mi sono confuso questa volta, un bambino dal cuore forte e un adulto dall’anima fragile.
Perché secondo me la determinazione che hanno i bambini, non ce l’ha nessuno. Quando vogliono una cosa non hanno paura di urlarlo al mondo; non si spaventano di fronte agli innumerevoli ostacoli della vita; hanno coraggio da vendere i bambini; la loro forza è smisurata, credono ed inseguono i loro sogni sino a quando non li raggiungono.
Quando si è bambini inoltre si crede che gli adulti siano forti, cavalieri senza macchia e senza paura. Poi crescendo si accorgono che non è affatto così, gli adulti sono fragili, oscillano al sottile vento di mare della sera come una foglia che da poco sorride al sole, si frantumano come un delicatissimo vetro di murano alla prima caduta.
Quando si cresce si cambia molto, si perde la determinazione di una volta, ci si indebolisce pensando al passato e cercando di scorgere il futuro.
Già da adolescenti si inizia a sentire un peso sulle spalle, un gusto amaro sulla lingua rendendosi conto del tempo che passa, ci si sente inadeguati.
Ecco, io spesso mi sento inadeguato. Mi sembra di non essere mai abbastanza, oppure ancora peggio mi sembra di essere troppo: troppo cresciuto, troppo responsabile, troppo cauto, troppo maturo.
Questi dovrebbero essere dei pregi, ma non lo sono affatto per un ragazzo, conseguenza di tutti quei miei troppi è il fatto che non vivo la mia vita, esisto, guardo estraneo lo scorrere della pellicola di un film diretto da un regista alle prime armi, un disastro.
Su un’altra cosa sono certo, e non mi sbaglio, quando si tratta di qualcosa di così infinito come il carattere umano non si può cambiare, probabilmente resterò sempre quello strano ragazzo di troppo, ma spero almeno di imparare a trasformare la mia esistenza in vita. E per ultima cosa, io non conosco gli altri e mai li conoscerò perché in primo luogo non conosco e non conoscerò mai abbastanza me stesso.

Nera notte di tristezza

La notte è una parte della giornata un po' strana.
La notte è ispiratrice di grandi riflessioni, è il momento giusto per decidere della nostra vita.
La notte, quando il cielo nero nasconde anche il bagliore della stella più lucente, porta ricordi, porta tristezza, porta dolore.
Di notte io mi sento solo, mi sento insicuro.
Di notte io avrei bisogno di qualcuno che mi dicesse che ce la farò, che farò la cosa giusta seguendo il mio cuore e i miei sogni, qualcuno che mi abbracciasse con vero affetto.
Ma purtroppo non c'è nessuno.
Ci sono solo io, la mia solitudine, e un freddo abbraccio di cielo nero.
Mi dispiace molto aver abbandonato questo blog, ma potete passare nella pagina facebook "Naufrago in quel maledetto mare di pensieri." https://www.facebook.com/pages/Naufrago-in-quel-maledetto-mare-di-pensieri/345044962268973

Spero di tornare presto ad aggiornare anche questo blog, mi dispiacerebbe lasciarlo così

venerdì 28 giugno 2013

Caro diario

Caro diario,
sapessi quanti pensieri mi ronzano per la testa, sapessi quante emozioni spesso in contrasto mi affliggono, rendendomi la vita così instabile.
Con la persona a cui tenevo e ancora tengo di più sta andando tutto a rotoli, non so più neanche se posso considerarla un’amica, e poi anche gli altri mi stanno lasciando, non so cosa sta succedendo, so solo che anche io vorrei abbandonare me stesso, fuggire da ciò che sono.
Domani parto, e per due mesi non vedrò più queste persone a cui sono così legato ma che mi fanno anche soffrire molto.
Vorrei non sentirli neanche durante queste vacanze, voglio isolarmi, voglio poter riflettere e capire cosa è giusto fare, voglio capire se mettere un punto al posto di tutte queste virgole o punti e virgola messi in un lungo elenco di delusioni.
Adesso spero di riuscire a farmi compagnia con me stesso, spero di riuscire a non sentirmi solo, spero di riuscire a eliminare questo desiderio di fuggire da tutto e da tutti, soprattutto da me stesso.


Carlo

giovedì 27 giugno 2013

Che poi scrivere diventa un vero e proprio bisogno, alla sera, nel silenzio, per riscoprire se stessi, per trovare un amico che ti ascolti senza interromperti.

martedì 25 giugno 2013

La panchina


Era una mattina di primavera, anche se il tempo grigio, ricordava qualcosa di autunnale. Complice il freddo mattutino che ancora faticava a staccarsi dalla notte, le acque del fiume lentamente dondolanti, come scosse dal vento. Le foglie, confuse con qualche cartaccia. E c'era la tranquillita' della citta' ancora dormiente, le luci flebili del giorno in arrivo. Il silenzio, rotto a malpena dai tui passi quando oramai eri vicino. Ti sedetti quasi sul bordo della panchina, il tuo cane annusava il territorio attorno a noi. Sapevo che avevi gli occhi lucidi. E io egoisticamente non ti guardavo apposta, volevo sorridere immersa nei pensieri e inquell'attimo mio, ancora per un po'. Fu il nostro primo silenzio insieme.
-MONY MONICA

"Che razza è?" Sapevo bene di quale razza fosse quel cane, ma era una buona scusa per attaccar bottone. "E' un setter inglese. Si chiama Matilda, come la protagonista del libro di Roald Dahl". Finalmente avevamo iniziato a parlare. La sua voce era forte ma lasciava trapelare un filo di insicurezza, forse la timidezza. "Oh, è stato uno dei miei libri preferiti quando ero piccola, chiamai la mia gattina Matilda!Comunque piacere, io sono Marika". Non so se fu solo una mia impressione ma mi sembrò che gli luccicarono gli occhi. "Piacere mio, Antonio. Che bel nome Marika!". "Grazie" sussurrai timidamente, mi sentii arrossire, spero non sia successo. "Ti ho già vista altre volte sempre seduta su questa panchina, a quest'ora. Cosa ci fai tutta sola così presto in un posto sperduto?" finalmente aveva iniziato la conversazione. "Sì anche io ti ho già visto, io vengo qui perchè è un luogo che mi ricorda la mia infanzia, specialmente le mie vacanze in montagna dai nonni. Vengo così presto perchè sono abbastanza mattiniera, mi piace vedere il sole ancora basso all'orizzonte, di solito leggo." Risposi facendo un salto nel passato, felice che mi avesse notato e che si ricordasse di me.
"hai detto che ti piace leggere?" "Sì, mi piace molto, i libri sono i miei più grandi compagni di vita". Oddio ora mi avrebbe preso per una stupida asociale che passa tutto il tempo a leggere! "E' la verità, i libri sono capaci di confortarti meglio di come saprebbe fare un amico". Ok sapevo che non mi aveva presa per un'ossessionata. "Ti piacerebbe leggere qualcosa di mio?" così interruppe i miei pensieri. "In che senso? Sei uno scrittore?" "Scrittore, diciamo che più che altro ci provo, ma non ho ancora pubblicato". Ora capivo cosa mi affascinava di lui, era quell'aria spensierata ma quasi misteriosa che hanno gli scrittori. "Certo mi piacerebbe molto!" "Bene, allora a domani, ci ritroviamo sempre qui alla stessa ora come sempre no?" "Qui come sempre". Non si sarebbe potuto definire un vero e proprio appuntamento ma per me lo era. La mattina seguente prima di uscire feci una doccia e mi sistemai nel modo migliore, misi anche un tocco di rossetto, cosa che non facevo mai; uscii e mi incamminai piena di felicità. Quando arrivai lì lui era già seduto sulla panchina e stava leggendo dei fogli, aveva dei grandi occhiali che gli contornavano gli occhi neri. "Buongiorno" dissi avvicinandomi. " Oh buongiorno, scusa se non mi ero accorto del tuo arrivo, stavo rileggendo qualcosa intanto che aspettavo" "Tranquillo, anzi scusami te se ti ho fatto aspettare" "Nessun problema, non sei in ritardo, sono io che sono arrivato in anticipo perchè avevo voglia di rivederti"
Da quel giorno i due si diedero appuntamento quotidianamente, si incontravano alla stessa ora, si sedevano sempre sulla stessa panchina e parlavano un po' di tutto, di libri, di animali, della vita e della loro storia.
Un giorno poi, finalmente, Antonio chiese a Marika se le andava di andarsi a mangiare una pizza insieme; naturalmente Marika, che non aspettava altro, confermò immediatamente l'appuntamento ma cercando di nascondere il più possibile la sua gioia e la sua emozione.
Qualche sera dopo si ritrovarono. Il locale dove l'aveva portata era davvero carino, era tranquillo, immerso dalla natura e ricco di quadri e fotografie, qualcosa che la ragazza ammirava molto.
Le regalò un tulipano bianco, lei non ne sapeva il vero significato, ma lo apprezzò molto, i tulipani erano i fiori preferiti della madre e era praticamente cresciuta tra quei fiori.
Fu una serata strepitosa nella sua semplicità, parlarono, mangiarono, ma rimasero anche molto in silenzio guardandosi negli occhi. Ognuno dei due in quelli dell'altro vedeva un'esplosione di sentimenti, di emozioni, di sensazioni, in quegli occhi poteva vedere la vita, poteva ammirare la nascita di un amore.
Tornata a casa Marika si buttò sul letto felice come non mai, continuando ad annusare il profumo di quel dono che Antonio le aveva fatto. Più tardi si ricordò di avere un libro sui fiori, così andò alla ricerca del tulipano, diceva che è simbolo di amore puro...
I due continuarono a vedersi tutte le mattine, quella panchina era diventata il loro nido d'amore, ma un amore che non decollava. Nessuno dei due aveva il coraggio di dichiararsi, ma si leggeva nei loro occhi che la loro non era semplice amicizia.
Intanto Antonio stava lavorando a un nuovo romanzo, "Parla di una storia d'amore" era tutto ciò che aveva svelato a Marika, non le aveva detto che era ispirata alla loro situazione.
Ci lavorò a lungo, soprattutto di notte quando pensando a quei capelli, a quegli occhi, a quelle labbra, non riusciva a prendere sonno. Nel giro di pochi mesi l'aveva terminato e ricontrollato. Restava solo da inviarlo ad un editore. Scelse accuratamente la casa editrice con cui tentare e quasi senza speranze lo spedì. Passavano i giorni, passavano le settimane, ma la risposta ancora non arrivava.
Una mattina, mentre era sulla panchina con Marika, gli squillò il cellulare antiquato. Preoccupato, visto che era l'alba e che di solito non riceveva molte chiamate, rispose."Sì, sì, ok, va benissimo, a dopo, grazie mille, grazie!"
"Cos'è successo?" domandò Marika. "Hanno accettato il mio romanzo, l'editore vuole vedermi per il contratto, mi ha detto che ha passato la notte a leggerlo perchè non riusciva a staccarsene, ecco perchè ha chiamato a quest'ora!" rispose straripante di felicità Antonio.
"Ti amo, scusami ma dovevo dirtelo, perchè ti amo troppo, perchè ti amo dal primo giorno, perchè ti amo da VIVERE" esplose poco dopo il ragazzo. "Anche io, stavo aspettando questo momento da non sai quanto" sussurrò timidamente la donna prima di abbandonarsi in un passionale bacio.
Pochi giorni dopo il romanzo fu messo in stampa e Antonio dovette far leggere la bozza a Marika che continuava a torturarlo. La mattina dopo, sempre nella stessa zona di bosco, vicino alla panchina leggermente arrugginita, mentre il giovane aspettava la fidanzata seduto, ella arrivò in lacrime: "Ma il romanzo che hai scritto è la nostra storia, solo il finale è inventato!" ansimò. "Ti sbagli amore, non è inventato, mi vuoi sposare?" Antonio era in ginocchio davanti a lei su le prime foglie secche che stavano iniziando a posarsi per terra.
"Oddio Antonio, Oh mio Dio! Certo che ti voglio sposare, Non posso crederci, io ti amo così tanto, è un sogno, ti prego sposiamoci al più presto, ci saremo solo noi due e qualche parente stretto, nessun altro"
Neanche una settimana dopo, quella zona sperduta in quel boschetto, vicino ad una vecchia panchina di ferro, leggermente arrugginita, si svolgeva un matrimonio, quello tra uno scrittore e una sognatrice, quello tra due sognatori, il cui sogno comune, quello di sposarsi, si stava avverando proprio in quegli attimi.
CARLO BISECCO (Naufrago in quel maledetto mare di pensieri)

Superate le 2300 visualizzazioni! Grazie!!!

lunedì 24 giugno 2013

Mi chiedo ancora perchè le nostre ricche conversazioni siano divenute così sterili, aride più di un deserto...
Mi rinchiudo nel mondo dei libri e della musica per sfuggira a una vita di solitudine.

venerdì 21 giugno 2013

Un ragazzo



Era un ragazzo a cui piaceva fissare la luna nelle limpide notti di primavera. Un ragazzo che adorava perdersi tra le innumerevoli stelle che adornavano una parete scura con linee immaginarie capaci di creare qualsiasi immagine. Era un ragazzo silenzioso, un ragazzo a cui non piaceva parlare di sé, ma che se trovava la persona giusta le raccontava ogni cosa fin nel più minimo dettaglio. Era un ragazzo che aveva un’immensa voglia d’amare. Ma ciò non gli era permesso. Per chissà quale motivo nessuno sembrava capace di donargli amore. Nessuno voleva il suo amore. Tutto ciò allargò i silenzi del ragazzo, le catene che lo tenevano stretto si attorcigliavano sempre più. Poi un giorno, casualmente, o forse grazie al destino, scoprì una grande passione, la scrittura, l’unica cosa capace realmente di colmare il vuoto che le persone e l’affetto negato avevano portato nella sua vita. Scrivere. Eppure l’aveva sempre trovata un’azione noiosa, qualcosa che fanno solo i vecchi o i depressi. Non sapeva che scrivere sarebbe diventata la sua vita.
-Carlo Bisecco

Quel viaggio maledetto

Riuscì a percorrere solo pochi metri prima che un proiettile forasse la ruota posteriore. In preda allo spavento -era la prima volta che temeva per la sua vita- abbandonò il suo Hummer e iniziò a correre, si intrufolò in un vicolo stretto e buio dove si affacciavano alcuni portoni, provò a bussare ma nessuno gli aprì. Continuò la sua corsa braccato dai quei cani rabbiosi che continuavano a sparare mancando il bersaglio. Finalmente arrivò su una strada principale, a pochi metri c'era un locale notturno. Corse lì e chiese di andare in bagno. Non ne aveva bisogno, era solo per nascondersi procurandosi tempo per riflettere. Capì che tra non molto sarebbe stato raggiunto da quegli uomini che avrebbero chiesto informazioni al barista che avrebbe indicato loro dove si era nascosto. Notò che c'era una finestrella, era abbastanza stretta e alta. Sarebbe riuscito a scappare da lì? Ci provò: scardinò la finestra, non ci passava, era troppo stretta, ci sarebbero bastati altri trenta centimetri e sarebbe stato liberò. Prese uno sgabello che c'era lì dentro e iniziò a colpire quella parete resa fragile a causa del marciume e delle numerose crepe già presenti. Dopo alcuni minuti riuscì ad allargare il varco della finestra. Uscì. Si ritrovò in un parcheggiò dove erano depositate alcune auto. Si avvicinò a quella più veloce, ruppe il vetro e dopo vari tentativi riuscì ad accenderla e cominciò a scappare nuovamente.

Carlo Bisecco

Quel viaggio maledetto

Intorno alle 11 della stessa sera si recò nel luogo prestabilito, parcheggiò e rimase in attesa. Di lì a poco iniziarono a vedersi dal fondo della strada alcune sagome. Passarono sotto un lampione che emanava una luce tremolante poco prima di fulminarsi. Riuscì a vederli: erano quattro ragazzi, avranno avuto al massimo 25 anni, abiti larghi, sporchi e logori. Ce ne era uno, il più bassino che sembrava fosse il capo clan: pelle olivastra, pizzetto, un cappellino con visiera portato di lato, pantaloni scalati, una catena a mo' di cintura. Si fecero avanti, superarono l' Hummer e si fermarono. Da un vicolo laterale stava giungendo un altro clan, questi erano di più, saranno stati una decina, stesse espressioni minacciose. L'uomo, ancora nell'auto, evidentemente non era stato notato, e aveva capito che sarebbe stato meglio per lui che quelli continuassero a ignorarlo. I due capo clan si avvicinarono, dissero qualcosa che Richard non riuscì a capire a causa della lontananza. Rimase nel buio attendendo lo scontro. Dopo attimi di incertezza notò che i due gruppi si stavano avvicinando alla sua auto. Cercò di nascondersi dietro il volante. Il leader bassino a quel punto avvicinò la mano ai calzoni e lentamente estrasse qualcosa: una pistola calibro 22. Spaventato, Richard accese il motore e pigiò con tutta la forza l'accelleratore....

Carlo Bisecco

Quel viaggio maledetto

Questo sarà un viaggio tranquillo, o almeno spero.
ho passato dieci ore in macchina, dieci ore cullato dall'aria condizionata, senza trovare traffico.
Adoro la città, adoro questo stato, adoro loro cultura. Il Texas. Un posto magnifico, dove poter girare con l'Hummer senza aver paura di bloccarsi dentro vicoli stretti, dove la gente é cordiale ed amabile....
-No!
Tuonò Richard, guardando Jack, il suo Bagle, mentre stracciava la carta.
- La loro cultura? Sono una massa di Cowboy razzisti, scortesi e vanno in giro armati!
Era stressato. Doveva scrivere l'ultimo articolo della sua carriera su quella rivista, "scoop night" per poter passar finalmente al giornale nazionale, ma non aveva proprio idee. Quindi, tequila in una mano, e telefono nell'altra, iniziò a comporre un numero. Nel mentre, si guardò allo specchio. Quarant'anni portati malissimo, rughe scavate, occhi marroni anonimi e capelli neri, pochi e corti, tutto accompagnato da 195 centimetri di altezza per cento chili, la maggior parte causati dalle bevute notturne.
- Pronto? Jerry? Sono Richard. Ascolta non voglio scrivere bene del Texas, che mi rappresenta? É un posto di merda, persino il cado che fa qui puzza di merda.
una voce rauca rispose in modo pacato.
-Richard, dobbiamo farlo. Anzi devi. Questa sera sulla 42esima di El Pas, ci sarà un combattimento quasi clandestino. Farai un reportage.
ed il telefono divenne muto, senza dare il tempo di chiedere il significato di quasi.

Marcello Mariano