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martedì 25 giugno 2013

La panchina


Era una mattina di primavera, anche se il tempo grigio, ricordava qualcosa di autunnale. Complice il freddo mattutino che ancora faticava a staccarsi dalla notte, le acque del fiume lentamente dondolanti, come scosse dal vento. Le foglie, confuse con qualche cartaccia. E c'era la tranquillita' della citta' ancora dormiente, le luci flebili del giorno in arrivo. Il silenzio, rotto a malpena dai tui passi quando oramai eri vicino. Ti sedetti quasi sul bordo della panchina, il tuo cane annusava il territorio attorno a noi. Sapevo che avevi gli occhi lucidi. E io egoisticamente non ti guardavo apposta, volevo sorridere immersa nei pensieri e inquell'attimo mio, ancora per un po'. Fu il nostro primo silenzio insieme.
-MONY MONICA

"Che razza è?" Sapevo bene di quale razza fosse quel cane, ma era una buona scusa per attaccar bottone. "E' un setter inglese. Si chiama Matilda, come la protagonista del libro di Roald Dahl". Finalmente avevamo iniziato a parlare. La sua voce era forte ma lasciava trapelare un filo di insicurezza, forse la timidezza. "Oh, è stato uno dei miei libri preferiti quando ero piccola, chiamai la mia gattina Matilda!Comunque piacere, io sono Marika". Non so se fu solo una mia impressione ma mi sembrò che gli luccicarono gli occhi. "Piacere mio, Antonio. Che bel nome Marika!". "Grazie" sussurrai timidamente, mi sentii arrossire, spero non sia successo. "Ti ho già vista altre volte sempre seduta su questa panchina, a quest'ora. Cosa ci fai tutta sola così presto in un posto sperduto?" finalmente aveva iniziato la conversazione. "Sì anche io ti ho già visto, io vengo qui perchè è un luogo che mi ricorda la mia infanzia, specialmente le mie vacanze in montagna dai nonni. Vengo così presto perchè sono abbastanza mattiniera, mi piace vedere il sole ancora basso all'orizzonte, di solito leggo." Risposi facendo un salto nel passato, felice che mi avesse notato e che si ricordasse di me.
"hai detto che ti piace leggere?" "Sì, mi piace molto, i libri sono i miei più grandi compagni di vita". Oddio ora mi avrebbe preso per una stupida asociale che passa tutto il tempo a leggere! "E' la verità, i libri sono capaci di confortarti meglio di come saprebbe fare un amico". Ok sapevo che non mi aveva presa per un'ossessionata. "Ti piacerebbe leggere qualcosa di mio?" così interruppe i miei pensieri. "In che senso? Sei uno scrittore?" "Scrittore, diciamo che più che altro ci provo, ma non ho ancora pubblicato". Ora capivo cosa mi affascinava di lui, era quell'aria spensierata ma quasi misteriosa che hanno gli scrittori. "Certo mi piacerebbe molto!" "Bene, allora a domani, ci ritroviamo sempre qui alla stessa ora come sempre no?" "Qui come sempre". Non si sarebbe potuto definire un vero e proprio appuntamento ma per me lo era. La mattina seguente prima di uscire feci una doccia e mi sistemai nel modo migliore, misi anche un tocco di rossetto, cosa che non facevo mai; uscii e mi incamminai piena di felicità. Quando arrivai lì lui era già seduto sulla panchina e stava leggendo dei fogli, aveva dei grandi occhiali che gli contornavano gli occhi neri. "Buongiorno" dissi avvicinandomi. " Oh buongiorno, scusa se non mi ero accorto del tuo arrivo, stavo rileggendo qualcosa intanto che aspettavo" "Tranquillo, anzi scusami te se ti ho fatto aspettare" "Nessun problema, non sei in ritardo, sono io che sono arrivato in anticipo perchè avevo voglia di rivederti"
Da quel giorno i due si diedero appuntamento quotidianamente, si incontravano alla stessa ora, si sedevano sempre sulla stessa panchina e parlavano un po' di tutto, di libri, di animali, della vita e della loro storia.
Un giorno poi, finalmente, Antonio chiese a Marika se le andava di andarsi a mangiare una pizza insieme; naturalmente Marika, che non aspettava altro, confermò immediatamente l'appuntamento ma cercando di nascondere il più possibile la sua gioia e la sua emozione.
Qualche sera dopo si ritrovarono. Il locale dove l'aveva portata era davvero carino, era tranquillo, immerso dalla natura e ricco di quadri e fotografie, qualcosa che la ragazza ammirava molto.
Le regalò un tulipano bianco, lei non ne sapeva il vero significato, ma lo apprezzò molto, i tulipani erano i fiori preferiti della madre e era praticamente cresciuta tra quei fiori.
Fu una serata strepitosa nella sua semplicità, parlarono, mangiarono, ma rimasero anche molto in silenzio guardandosi negli occhi. Ognuno dei due in quelli dell'altro vedeva un'esplosione di sentimenti, di emozioni, di sensazioni, in quegli occhi poteva vedere la vita, poteva ammirare la nascita di un amore.
Tornata a casa Marika si buttò sul letto felice come non mai, continuando ad annusare il profumo di quel dono che Antonio le aveva fatto. Più tardi si ricordò di avere un libro sui fiori, così andò alla ricerca del tulipano, diceva che è simbolo di amore puro...
I due continuarono a vedersi tutte le mattine, quella panchina era diventata il loro nido d'amore, ma un amore che non decollava. Nessuno dei due aveva il coraggio di dichiararsi, ma si leggeva nei loro occhi che la loro non era semplice amicizia.
Intanto Antonio stava lavorando a un nuovo romanzo, "Parla di una storia d'amore" era tutto ciò che aveva svelato a Marika, non le aveva detto che era ispirata alla loro situazione.
Ci lavorò a lungo, soprattutto di notte quando pensando a quei capelli, a quegli occhi, a quelle labbra, non riusciva a prendere sonno. Nel giro di pochi mesi l'aveva terminato e ricontrollato. Restava solo da inviarlo ad un editore. Scelse accuratamente la casa editrice con cui tentare e quasi senza speranze lo spedì. Passavano i giorni, passavano le settimane, ma la risposta ancora non arrivava.
Una mattina, mentre era sulla panchina con Marika, gli squillò il cellulare antiquato. Preoccupato, visto che era l'alba e che di solito non riceveva molte chiamate, rispose."Sì, sì, ok, va benissimo, a dopo, grazie mille, grazie!"
"Cos'è successo?" domandò Marika. "Hanno accettato il mio romanzo, l'editore vuole vedermi per il contratto, mi ha detto che ha passato la notte a leggerlo perchè non riusciva a staccarsene, ecco perchè ha chiamato a quest'ora!" rispose straripante di felicità Antonio.
"Ti amo, scusami ma dovevo dirtelo, perchè ti amo troppo, perchè ti amo dal primo giorno, perchè ti amo da VIVERE" esplose poco dopo il ragazzo. "Anche io, stavo aspettando questo momento da non sai quanto" sussurrò timidamente la donna prima di abbandonarsi in un passionale bacio.
Pochi giorni dopo il romanzo fu messo in stampa e Antonio dovette far leggere la bozza a Marika che continuava a torturarlo. La mattina dopo, sempre nella stessa zona di bosco, vicino alla panchina leggermente arrugginita, mentre il giovane aspettava la fidanzata seduto, ella arrivò in lacrime: "Ma il romanzo che hai scritto è la nostra storia, solo il finale è inventato!" ansimò. "Ti sbagli amore, non è inventato, mi vuoi sposare?" Antonio era in ginocchio davanti a lei su le prime foglie secche che stavano iniziando a posarsi per terra.
"Oddio Antonio, Oh mio Dio! Certo che ti voglio sposare, Non posso crederci, io ti amo così tanto, è un sogno, ti prego sposiamoci al più presto, ci saremo solo noi due e qualche parente stretto, nessun altro"
Neanche una settimana dopo, quella zona sperduta in quel boschetto, vicino ad una vecchia panchina di ferro, leggermente arrugginita, si svolgeva un matrimonio, quello tra uno scrittore e una sognatrice, quello tra due sognatori, il cui sogno comune, quello di sposarsi, si stava avverando proprio in quegli attimi.
CARLO BISECCO (Naufrago in quel maledetto mare di pensieri)

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