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mercoledì 5 giugno 2013

Autobiografia

Scrivo un’autobiografia che probabilmente non leggerà nessuno; a chi interessa della misera vita d’un ragazzo qualunque?
Fin dall’infanzia, soprattutto dopo il trasferimento in una regione così lontana da quella d’origine, ho avuto problemi a relazionare congli altri bambini: all’asilo giocavo sempre da solo, appartato in un angolo, in silenzio, con l’unica compagnia che avevo, un orsacchiotto di pezza che mi era stato regalato da mia zia.
Come tutti i bambini solitari venivo schernito dai bambini più grandi che rapivano il mio amico inanimato per torturarlo con strattoni, calpestamenti e lanci.
Alle scuole elementari la situazione iniziò a migliorare, iniziai ad avere qualche amico, ma la mia cronica insicurezza non mi permetteva di fidarmi del tutto.
Quando ero in quinta elementare, sei giorni prima del mio decimo compleanno, ebbi il mio primo grave lutto in famiglia: ci aveva lasciati mio nonno, dal quale avevo ereditato il nome.
Fu sempre in quell’anno che iniziai a scrivere racconti prima e poesie dopo; la prima poesia che scrissi fu per la nascita della sorella di un mio amico.
Durante gli anni delle scuole medie nacquero delle importanti amicizie ma con altri lutti iniziai a chiudermi sempre più in me stesso, nella mia timidezza che intanto mi stava isolando, rinchiudendomi nella prigione della solitudine, tra le catene del silenzio.
Quando quest’anno sono arrivato in prima liceo ho avuto il piacere di relazionare abbastanza in fretta con alcune persone, anche se mi sarebbe piaciuto farmi qualche amicizia in più.
Intanto molte persone che alle scuole medie consideravo davvero importanti sono scomparse, all’improvviso, lasciando un vuoto di notevole estensione ma con il tempo sto imparando ad accettare questa situazione.
Non so il futuro quali sorprese mi riserva, spero solo che la timidezza non rovini tutto come ha fatto fino ad ora e spero di trovare una ragazza a cui donare il mio amore, perché anche se nascosto, spesso il mio cuore palpita e parte al galoppo più veloce d’un cavallo.
Non credo di essere così diverso dagli altri, forse sono solo più romantico e sensibile; forse invece neanche quello, probabilmente sono semplicemente uguale alla massa.
-Carlo Bisecco (Un mare di pensieri)

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