Riuscì a percorrere solo pochi metri prima che un proiettile forasse la
ruota posteriore. In preda allo spavento -era la prima volta che temeva
per la sua vita- abbandonò il suo Hummer e iniziò a correre, si
intrufolò in un vicolo stretto e buio dove si affacciavano alcuni
portoni, provò a bussare ma nessuno gli aprì. Continuò la sua corsa
braccato dai quei cani rabbiosi che continuavano a sparare mancando il
bersaglio. Finalmente arrivò su una strada principale, a pochi metri
c'era un locale notturno. Corse lì e chiese di andare in bagno. Non ne
aveva bisogno, era solo per nascondersi procurandosi tempo per
riflettere. Capì che tra non molto sarebbe stato raggiunto da quegli
uomini che avrebbero chiesto informazioni al barista che avrebbe
indicato loro dove si era nascosto. Notò che c'era una finestrella, era
abbastanza stretta e alta. Sarebbe riuscito a scappare da lì? Ci provò:
scardinò la finestra, non ci passava, era troppo stretta, ci sarebbero
bastati altri trenta centimetri e sarebbe stato liberò. Prese uno
sgabello che c'era lì dentro e iniziò a colpire quella parete resa
fragile a causa del marciume e delle numerose crepe già presenti. Dopo
alcuni minuti riuscì ad allargare il varco della finestra. Uscì. Si
ritrovò in un parcheggiò dove erano depositate alcune auto. Si avvicinò a
quella più veloce, ruppe il vetro e dopo vari tentativi riuscì ad
accenderla e cominciò a scappare nuovamente.
Carlo Bisecco
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